Da dove nasce l’interesse diffuso per il Volto Santo e per i ritratti di Cristo lungo la storia della Chiesa? Perché fu necessario persino un Concilio a Nicea nel 787 per dirimere se fosse lecito o no venerare tali immagini? Ciò che è veramente in gioco anche oggi è il realismo della incarnazione e il significato di questo mistero per l’umano. Infatti, il rapporto che Dio ha voluto con l’uomo non è affidato alla nostra fantasia religiosa. Egli si è veramente “fatto carne” (Gv 1, 14). Dio non si è genericamente unito all’umanità. Il Mistero è diventato Uno fra noi.
Per questo la persona di Gesù, i suoi gesti, le sue parole e il suo volto sono qualcosa di unico e reale. Dio si è comunicato a noi in una forma singolare, che si distingue da tutte le altre. La sua bellezza è unica, il suo splendore trascende ogni misura.
Benedetto XVI afferma che “[…] questa bellezza non è una semplice armonia di forme; «il più bello tra i figli dell’uomo» (Sal 45 [44], 3) è anche misteriosamente colui che «non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi» (Is 53,2)”. Gesù Cristo sa trasfigurare “[…] anche l’oscuro mistero della morte nella luce irradiante della risurrezione” (Sacramentum caritatis, n. 35).
A questo proposito don Julían Carrón, riprendendo un intervento di mons. Luigi Giussani, ricorda che “[…] se Cristo, il Suo nome «non avesse personalità a un certo punto autonoma se non avesse una faccia ultimamente singolare, dei tratti inconfondibili anche con quelli che Lui stesso ha creati come segno di sé», Cristo perderebbe «[…] quella singolarità ultima inconfondibile». Se Cristo perde questa singolarità ultima, […] tutto il resto non basta” (Esercizi della fraternità di Comunione e Liberazione, Rimini 2008). La nostra fede, infatti, è totalmente
retta da questa figura unica ed inconfondibile di Cristo.
A questo volto incomparabile corrisponde un popolo, la Chiesa: la generazione “che cerca il Tuo volto” (Sal 24, 6). Proprio questa ricerca rende questo popolo, a sua volta, unico nella storia: un popolo di popoli. Questa relazione originaria tra Cristo e la Chiesa, tra il suo volto e il suo popolo, è ben documentato da come le immagini di Cristo lungo la storia siano legate alla presenza di numerosissimi fedeli che da esse sono attratte. Il volto di Cristo – come vediamo nella mostra – è indissolubilmente legato alla vicenda di coloro che gli appartengono, a “[…] quelli che Lui stesso ha creati come segno di sé” (L. Giussani, L’attrattiva Gesù, BUR, Milano 1999)
Ciò sta a documentare come il nostro accesso alla persona di Cristo non sia mai individuale ma sia sempre un evento di comunione. Questo popolo si riconosce nella ricerca del Suo volto. Troviamo il Suo volto appartenendo al Suo popolo. In tal modo l’unicità di questo volto si rispecchia in questa realtà umana, fatta di donne e di uomini, che gli appartengono per rendere a Lui testimonianza davanti al mondo intero.
Ma perché cerchiamo il Suo volto? Perché non smettiamo di cercarlo dopo averlo trovato? Quale attrattiva suscitano sul cuore dell’uomo i suoi tratti inconfondibili? A questa domanda risponde in modo suggestivo Karol Wojtyła
nella sua poesia sulla Veronica: “Nacque il tuo nome da ciò che fissavi”. In questa espressione è custodito il mistero di un incontro dal quale nasce il nostro nome. Nella Sacra Scrittura il nome indica la realtà propria della persona, il suo carattere irripetibile. Nella poesia del beato Giovanni Paolo II questo nome scaturisce dall’incontro con il volto di Cristo. Fissare quel volto è trovare il proprio nome, è ritrovare se stessi. Per questo la Veronica è emblema del dramma dell’uomo di ogni tempo.
Infatti, nella ricerca del volto di Cristo si manifesta il desiderio più profondo di ogni uomo. In realtà, che lo sappia o no, ogni persona cerca quello sguardo in cui riconoscersi. Ritrovare il Suo volto, riscoprire la Sua presenza oggi nel suo popolo è dunque la fondamentale risposta all’umano desiderare. L’«emergenza uomo» si
documenta nella drammatica necessità di un nome che ci strappi dalla grande omologazione di massa. L’incontro con lui scioglie questa condizione enigmatica e ci permette di vivere all’altezza del nostro desiderio.
La Veronica trova il suo nome fissando lo sguardo su quel Volto unico; in questo incontro è racchiuso anche il nome di ciascuno di noi.